Elie Wiesel “La notte”

wie.pngVent’anni fa mi sentivo più al sicuro che non oggi da guerre o altre brutture (totalitarismi, razzismi, sciovinismi populisti ecc.).

Credo quindi valga senz’altro la pena leggere e soprattutto far leggere ai giovani libri come questo.

Wiesel racconta il pogrom nazista in un piccolo, essenziale e implacabile libro nel quale c’è tutto: il patetico illudersi degli ebrei all’allungarsi delle prime ombre di persecuzione; l’incredulità inerme; la perdita di tutto; lo smembramento delle famiglie e la deportazione; l’ingresso nel lager (“In pochi secondi abbiamo cessato di essere degli uomini”); la riduzione in uno stato sotto-animalesco di meri corpi, devastati e puzzolenti, dove figli uccidono i padri per un tozzo di pane; la lotta selvaggia per la sopravvivenza (“Ascoltami bene, piccolo, non dimenticare che sei in un campo di concentramento. Qui ognuno deve lottare per sè stesso e non pensare agli altri, neanche al proprio padre. Qui non c’è padre che tenga, né fratello, né amico. Ognuno vive e muore per sé, solo”); il dolore indicibile (la pagina in cui W. racconta il lamento solitario che si leva da un treno di deportati moribondi, che si trasforma in un urlo collettivo, è veramente impressionante); la disperata resistenza contro una quasi sicura morte, accolta come una liberazione.

Tutto questo W. lo vive a soli 15 anni, a fianco del padre, cui non riuscirà nemmeno a dire addio; per trovarsi alla fine vivo, a guardare “dal fondo dello specchio un cadavere che mi contemplava”.

Poronga

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