Vorrei cercare di dar conto della sviolinata su David Foster Wallace; d’altra parte mi piacerebbe, nel mio piccolo, contribuire alla diffusione di questo autore, in Italia letto molto meno di quanto secondo me meriterebbe.
Forse dei libri che ho letto, quello migliore per avvicinarsi a DFW, prima del grande cimento con il monumentale e imperdibile “Infinite Jest”, è “Questa e l’acqua”.
Si tratta di cinque racconti: uno brevissimo (“L’altra matematica”), in cui DFW si diverte a narrare la insana e sessuata passione di un nipote per suo nonno; uno (“Crollo del ’69”) di cui non ho capito nulla; uno (“Ordine e fluttuazione a Northhampton”) che narra la vicenda dello sfigatissimo Barry Dingle, disastrosamente innamorato di una matura frikkettona; poi ci sono “Salomon Silverfish” e “Il pianeta Trillafon in relazione alla Cosa Brutta” che ho trovato bellissimi.
Nel primo si racconta la malattia terminale di una ex bellissima donna che ama molto, molto riamata, il marito, compagno di una vita. Eccezionale e di grande per quanto scabra sensibilità è la descrizione della malattia, e ancor più la rivendicazione dell’amore per il marito che Sophie fa ai gretti e ammutoliti genitori.
Il secondo è il racconto, dal fulminante inizio, di una depressione. A me è sembrato di leggere il migliore e più ispirato Salinger aggiornato a cinquant’anni dopo.
Infine, la prolusione accademica tenuta da DFW, cui ho già accennato nella “sviolinata”.
Poronga