Sebastiano Vassalli “Terre selvagge”

vassalli” … e discendiamo dagli antichi Romani ” cantava con graffiante ironia Bennato ormai 40 anni fa, irridendo una retorica che risaliva ad altri 40 anni prima. Bisogna però andare indietro di altri 20 secoli per arrivare al 101 a.c. quando, nell’attuale Piemonte, venne combattuta una importantissima e sanguinosissima battaglia che, se fosse andata diversamente, avrebbe potuto fare di noi dei discendenti, invece che dei Romani, degli antichi Germani ( non è poi detto che sarebbe stato peggio ). Invece, dopo aver subìto diverse sconfitte ed essere stati vicini alla rovina, la battaglia finale la vinsero i Romani, e i Cimbri – provenienti dall’attuale Danimarca – furono totalmente annientati. Centocinquantamila persone spazzate via in un colpo solo, non soltanto guerrieri, perché era un intero popolo che aveva attraversato le Alpi per insediarsi in Italia e conquistare la stessa Roma.

Questa è la storia che viene narrata nell’ultimo libro di Sebastiano Vassalli. Che è bravissimo a ricostruire vicende storiche spesso anche controverse – questa lo è, e vedremo poi perché – raccontandole con grande senso del ritmo e intrecciandole con vicende dettate dalla sua immaginazione di romanziere. Qui ci sono almeno tre piani narrativi che si intrecciano: la storia di quelle ” terre selvagge ” a lui care perché ci vive, dominate dalla silenziosa, massiccia presenza del Monte Rosa ( che non è Rosa per il colore, ma perché il nome celtico era Ros, che vuol dire, semplicemente, vetta ); le vicende private di un abitante di quelle terre, un fabbro di origine gallica che affronta la Storia ( con la esse maiuscola ) con imperturbabile saggezza ( e vive in un villaggio che tuttora esiste ed ha mantenuto non solo il nome ma anche la pronuncia dei Celti: infatti si scrive Proh ma si pronuncia prü ) ; la storia vera e propria della guerra, con i grandi protagonisti realmente esistiti, Mario e Silla, quest’ultimo rappresentante dell’aristocrazia, e l’altro, ” uomo nuovo ” malvisto dai conservatori, ma che salva Roma reclutando nell’esercito i ” plebei “. E proprio questa rivalità e il tentativo, riuscito in buona parte ma non del tutto, di Silla di mettere in cattiva luce Mario e di attribuire il merito della vittoria a se stesso e ai suoi alleati sono per Vassalli il motivo per cui questa vicenda, dopo 21 secoli, ha ancora molti aspetti poco chiari.

Questo libro, oltre che un romanzo, è anche un tentativo di chiarire la verità storica, ricorrendo alle poche fonti disponibili, tutte molto posteriori: Plutarco – che però riporta la versione di Silla -, Tacito e Tito Livio, ma soprattutto all’introspezione e all’intuito dello stesso Vassalli. Non ho la minima competenza per valutare l’attendibilità storica di questa ricostruzione, ma quello che posso dire è che il libro si legge con grande interesse per l’abilità di Vassalli di mischiare storia, narrazione, riflessioni sui caratteri permanenti della natura umana.

Un popolo dimenticato, i Cimbri, viene ripescato dai meandri della storia e fatto rivivere con i suoi personaggi variegati, dal carattere fiero, bellicoso, anche selvaggio ma affascinante per l’orgoglio mai domo. Fra i personaggi di grande spessore ci sono due sorelle, figlie di un capo a sua volta notevole, diversissime ma entrambe affascinanti. E in generale colpiscono molte figure femminili : pensate che i pochi guerrieri sopravvissuti alla battaglia vengono uccisi da madri, mogli e sorelle che vogliono punirli per l’onta subita, e che poi a loro volta si tolgono la vita per non finire preda degli odiati Romani.

Seguo Vassalli da almeno 30 anni, da quando ha chiuso la sua fase di neoavanguardia, che non mi interessava, e ha cominciato a scrivere romanzi ispirati a vicende storiche, a partire da ” La notte della cometa “, sul poeta Dino Campana. Lo trovo piuttosto discontinuo, forse scrive troppo e alcuni suoi libri mi hanno deluso, ma altri li ho trovati molto belli, in particolare ” Cuore di pietra “, ” Marco e Mattio “, ” Infiniti numeri “, ” Stella avvelenata ” e ” Le due chiese “. Comunque, nell’insieme lo ritengo il miglior romanziere italiano della generazione successiva a Levi, Sciascia e Calvino ( che poi negli ultimi decenni molti dei migliori romanzi italiani siano stati scritti da non- romanzieri di professione è un’altra storia, e ha a che fare con lo stato delle letteratura in Italia ). ” Terre selvagge “, nella mia personale classifica, lo metto se non proprio in cima comunque fra i migliori.

Traddles

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2 thoughts on “Sebastiano Vassalli “Terre selvagge”

  1. Sono un appassionato di Vassalli e questo suo libro ha confermato l’ammirazione che ho per lui e per il suo lavoro.
    Ho letto “La chimera” ,”Marco e Mattio” e “La notte della cometa”. Uno più bello dell’altro, non so nemmeno dirvi quale mi sia piaciuto di più.
    Vassalli come sempre sa dosare sapiententemente la narrazione storica, sempre interessantissima, ma anche la sua poesia sempre sensibile e ricca di significato.
    Nel caso di “Terre selvagge” questa ricostruzione è particolarmente interessante per la esiguità delle fonti e per i tentativi e le ragioni per cui la storia stessa venne pesantemente travisata. Ma Vassalli, come ho detto più sopra, non si limita all’ intento storico. Nella narrazione affiora tutta la sua sensibilità umana, il suo amore per l’uomo e la natura e la sua amarezza per quanto i comportamenti umani distorti (ma purtroppo quantomai diffusi in tutte le epoche che ha trattato) abbiano distrutto, modificato e stravolto i valori più nobili dell’umanità e le caratteristiche più preziose dell’ambiente.
    Vassalli ci parla di ventuno secoli fa, come al solito per parlarci anche del presente e con questo intento ci narra una vicenda che ha a che fare con la storia sofferta dell’Europa, che ai tempi della narrazione non esisteva ancora come entità politica, ma che già vedeva i suoi abitanti scontrarsi per la ricerca di un assetto che fosse stabile e duraturo. L’obbiettivo evidentemente non fu raggiunto allora e non è stato raggiunto nepure oggi, ma a Vassalli è cara la vecchia Europa ed anche se con un po’ di amarezza e di malinconia, ci lascia con un messaggio di poetica speranza.
    Da leggere sicuramente.

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